di Annamaria Pisapia
Senza alcun dubbio la classe politica italiana usa poco l’intelletto. E trovandosi a dover operare continuando nel solco già tracciato dai famosi ‘padri della Patria’, trova più agevole usare le stesse tecniche per amministrare il Paese. L’aspetto cronologico è facilmente riscontrabile nelle azioni che si susseguono pedissequamente. Così, anche se la richiesta dell’autonomia differenziata da parte della Lega potrebbe sembrare partorita solo negli ultimi anni dalla mente “illuminata” dei leghisti, sappia che anch’essa è espressione di quel sistema di tipo coloniale che mette d’accordo tutta la partitocrazia, che vige in Italia da centosessantadue anni: prima il Nord, imperativo per qualunque Governo che si è succeduto alla guida del Paese.
E se ciò non fosse sufficiente per cogliere la drammaticità della situazione basta lasciarsi guidare dagli eventi che puntualmente si ripresentano. Così, Il Pnrr, piano nazionale di ripresa e resilienza, che dal nome fa tanto terzo millennio, è la fotocopia del Piano Marshall: entrambi progettati per la ricostruzione del paese, Marshall nel dopoguerra, e il Pnrr per il dopo covid-19, con una particolare attenzione rivolta al Sud, ed entrambi usati in favore del Nord.
Al Pnrr, fa seguito la Zes unica per le Regioni del Sud (zone economiche speciali, già presenti nel Mezzogiorno da qualche anno), sbandierata dalla Meloni come un tragauardo di ripresa per il Sud. Ma cos’è una zes? E’ un’area destinata alle imprese che mirano ad investire nel mezzogiorno, le quali beneficeranno di notevoli agevolazioni fiscali.
Su questo punto il ministro Fitto ha parlato di “un volano decisivo per l’economia nazionale e non solo meridionale”. Infatti, aziende del Nord e internazionali hanno già mostrato il loro interesse, purchè garantiscano la loro permanenza nell’area per sette anni.
La qual cosa potrebbe tradursi in tante cattedrali nel deserto, e decine di migliaia di operai per strada, allo scadere del vincolo. Insomma, una “Cassa per il Mezzogiorno” in tutto e per tutto: essa fu varata con una parte del fondo lire, per sopperire alla sottrazione dei fondi erp del Piano Marshall da parte degli industriali del Nord, 87%, e concepita per sostenere la spesa pubblica del Sud con fondi aggiuntivi, divenne solo uno strombazzante strumento per lo Stato per assegnare al Mezzogiorno stanziamenti sostitutivi e ben al di sotto di quanto gli spettasse per diritto.
E proprio come avvenne per la Cassa per il Mezzogiorno, anche la Zes unica per il Mezzogiorno è stata presentata ai media e all’opinione pubblica come una panacea ai mali del Sud, una manovra contro l’asssitenzialismo, l’ha definita la Meloni, addossandoci pure le colpe per la presenza di una maggiore povertà, con tanto di presentazione in pompa magna da parte di Fitto alla UE.
Per par condicio, e che non si dica che il Sud prende sempre la scena, è giusto riportare la presenza anche delle ZLS, zone logistiche speciali, pretese dagli industriali del Nord, che pur godendo dei medesimi benefici delle ZES possono contare sulla presenza di un tessuto industriale e infrastrutturale notevole, requisiti che favoriscono la crescita e l’arricchimento di quell’area senza che questo apporti qualche vantaggio per il Sud. Le analogie delle ZLS con la Cassa per il Settentrione, gemella di quella per il Mezzogiorno, sorta su richiesta degli industriali del Nord e varata nel medesimo giorno di quella per il Mezzogiorno sono assolutamente evidenti.
Ma vediamo quali vantaggi ne potrebbero derivare dalla Zes unica per il Mezzogiorno? Sarebbero notevoli, se non fosse per la presenza delle gravi carenze infrastrutturali e l’assenza di servizi per i cittadini, che si tradurranno in una mancanza di dinamismo commerciale e di crescita reale per il Sud; potrebbero inoltre, trasformarsi nell’ennesimo aiuto-beffa per il Sud: in questo caso usato dal Governo per distogliere l’attenzione da parte di quest’area sulla mancata attuazione dei Lep su tutto il territorio nazionale, impossibili da garantire, e fargli digerire in qualche modo l’Autonomia Differenziata.
Corsi e ricorsi storici di una colonia.