Di Lorenzo Piccolo
Con la conversione in legge, ad inizio Luglio, del Decreto Lavoro il governo Meloni ha definivamente abolito il Reddito di Cittadinanza.
Del merito della questione, ovvero se si sia favorevoli o contrari e perché, si è largamente discusso: sta di fatto che, tra le fila dei detrattori, uno degli argomenti più utilizzati è riassumibile nella formula “facevano gli imbrogli”, formula fin troppo spesso associata al rafforzativo “basta vedere cosa succede in Campania” o più in generale al Sud.
Sull’argomento in sé annoto brevemente che l’argomento “truffe” a supporto della tesi della abrogazione è alquanto debole, considerato che vi sono molti settori in cui uno Stato esercita una funzione di assistenza sociale (ad esempio, nel campo della sanità) e, pur essendo oggetto di varie forme di corruzione, non se ne invoca l’abolizione come cura definitiva al male.
Ma se alla radice di tanta contrarietà vi è il rifiuto dell’assistenzialismo statale in campo economico e del lavoro, risulta difficile comprendere come mai tanta acredine non si sia riversata in passato contro i grandi nomi dell’imprenditoria del nord, percettori di assistenzialismo a spese della comunità per cifre esorbitanti rispetto a quanto speso per il reddito di cittadinanza. Un nome su tutti, gli Agnelli che, a sostegno della loro Fiat, solo nel periodo che va dal 1975 fino alla loro fusione con la Chrysler, hanno ricevuto aiuti di stato diretti ed indiretti per un ammontare di circa 114 miliardi di euro, ovvero oltre 3 volte il valore di quotazione dell’azienda in borsa.
Tornando al reddito di cittadinanza, l’associazione tra truffe e il “vedi cosa combinano al Sud” è dettata dal solito pregiudizio italo-padano: poiché al Sud vi erano molti percettori della misura assistenziale (e poco importa che ciò sia dovuto ad una maggiore disoccupazione, conseguenza delle politiche padanocentriche di tutti i governi), ne consegue che vi erano anche molti percettori illegittimi. Che al sud, ed in particolare a Napoli, si tenda a truffare e vivere di espedienti – ovvero tutto pur di non lavorare – è talmente scontato per l’italiano doc da non avere bisogno di riscontro alcuno: ne consegue che il reddito di cittadinanza si traduceva al sud in uno sperpero di danaro a favore dei soliti fannulloni.
Eppure l’operoso Italo-padano medio non si è mai sentito in colpa per il fatto che, solo negli ultimi 20 anni, hanno sottratto ai meridionali 840 miliardi di euro di spesa pubblica, come documentato dal Rapporto Eurispes Italia 2020, grazie ad una legge, quella del federalismo fiscale, indegna di qualsiasi paese civile.
I suddetti operosi nonché notori rimboccatori di maniche hanno avuto garantiti dallo stato servizi per i quali gli “sfaticati terroni” hanno dovuto, per mancanza di fondi, pagare di tasca propria oppure fottersi, e ciò su servizi essenziali quali la sanità, la mobilità, l’istruzione e le stesse politiche di incentivo all’occupazione.
Senza fare il conto totale di un secolo e mezzo di colonialismo interno, per riassumere il quale occorrerebbe un’intera enciclopedia, il solo esempio del federalismo fiscale è più che sufficiente per affermare quanto segue: primo, non basterebbero secoli di truffe di meridionali al RDC per mettere assieme la stessa cifra che il nord ha sottratto al Sud – e legalmente – solo in termini di federalismo fiscale. Figuriamoci se volessimo mettere assieme tutte il resto.
Secondo, qualsivoglia meridionale abbia truffato, per quanto abbia commesso un illecito, lo ha fatto a danno di uno stato che lo tratta da cittadino di serie Z e che, nel caso del federalismo fiscale, lo costringe in una sorta di apartheid economico, dato che vale meno di un settentrionale per il solo fatto di essere nato ed avere la residenza al sud. Il tutto sulla base dell’aberrante principio che vale di più chi vive in regioni più produttive, principio peraltro falso perché, come già spiegava in tempi precedenti il buon Zitara, il sistema padano contabilizza come proprio gettito fiscale generato altrove attraverso l’espediente della sede legale.
In ogni caso, per quanto riguarda la spocchia degli ‘operosi padani’ che si lamentano perché ci mantengono, per quanto mi riguarda possono tranquillamente sgobbare fino allo sfinimento per pagarci RDC, pensioni e pure le vacanze alle Maldive.
Ah ed infine, ciliegina sulla torta, su cosa si basava l’assunto che un maggior numero di percettori del reddito di cittadinanza al sud corrispondeva alla genesi della stragrande maggioranza delle truffe? Sul vuoto spinto.
Ad un mese dall’abolizione della misura il Sole 24 Ore pubblica un resoconto sui furbetti del reddito, ed indovinate un po’? La regione che supera di gran lunga tutte le altre per numero di truffe è l’operosa Lombardia della sedicente capitale morale.
Immagine presa da “Il Sole 24 Ore”