di Giuseppe Giunto
Durante il Regno delle due Sicilie, mentre governavano i Borbone, il lago di Licola divenne un sito reale per la caccia; era questo uno dei luoghi più scelti dal Re Ferdinando IV e nel centro abitato esiste ancora una antica Casina di pesca e caccia.
Il toponimo “Licola” deriva da “follicole” nome dialettale delle folaghe, che sono tipici uccelli migratori che popolano queste zone. La vasta pianura era occupata da un lago che è stato parzialmente prosciugato alla fine dell’ 800. Così come riportato dalle informazioni di Silvana Giusto, in Raccolta Rassegna Storica dei Comuni nel 2004. Esso era chiamato “fossa Neronis” in quanto fu ideata da Nerone e progettata dagli architetti Severo e Celere. La colossale opera fu avviata nel Medioevo in seguito ad uno scavo eseguito per la costruzione di un canale navigabile che avrebbe dovuto collegare l’antica Puteoli (Pozzuoli) con Roma. Attualmente la costa di Licola si estende per 15 Km da Cuma alla Foce Volturno che dal 1993 è stata dichiarata “area protetta” con la sua superficie di 1540 Km.
La costruzione, infatti, è un sito borbonico, uno dei tanti sparsi nell’antico Regno. Durante le sue soste nel borgo e in queste lande estese e isolate il re riposava nel corpo di fabbrica centrale, costruzione in tufo semplice e massiccia mentre carrozze e cavalli sostavano in alcuni locali recentemente bene restaurati – proprio come ricorda una pagina social dedicata al Re Nasone – Visitiamo anche i giardini reali con palme alte, dai ciuffi cascanti, secolari e imponenti, ci sono ancora i resti di un colombario che spicca con il suo torrione in fondo al cortile illuminato anticamente da un alto lampione. Non ancora restaurato, invece, è l’edificio che ospitava un tempo la servitù sempre numerosa al seguito dei reali. Davanti ad esso è rimasta una fontana in ferro e le mura portano ancora incastrati gli anelli per legare i cavalli del Re e del suo seguito. Attualmente gli uffici si trovano proprio nel corpo di fabbrica principale a cui nell’ ”800” si è aggiunto un primo piano, i mezzi sono custoditi nelle antiche scuderie e dietro il complesso borbonico c’è un largo spiazzo, un tempo verdeggiante agrumeto e destinato in un prossimo futuro alla costruzione di un eliporto, mezzo strategico fondamentale per il lavoro degli uomini dello S.T.A.P,F (Settore tecnico amministrativo provinciale foreste Napoli).
Al centro di uno spiazzo, circondato da giardinetti curati da un gruppo di operatrici delle L.S.U. c’è una piccola cappella fortunatamente restaurata dedicata a San Giuseppe, la statua è collocata su un piccolo altare di marmi policromi, ai lati le statue di Sant’Antonio e della Vergine Immacolata. Dei pochi oggetti rimasti spicca qualche ex voto, uno spegni candela e la campanella che annunciava l’inizio delle funzioni religiose. Le porte di un bel colore verde della cappellina sono originali come anche gli stemmi dorati incastrati.