di Annamaria Pisapia
Come da prassi, dell’esecrabile delitto di un ragazzo di 24 anni i napoletani sono correi.
In queste ultime ore si leggono accuse di ogni tipo contro Napoli e i napoletani, perfino da parte di uno scrittore, il quale assicura che la disumanità presente in questa città non ha eguali altrove: gli sarà sfuggito che omicidi aventi le stesse dinamiche vengono perpetrati non solo nel resto d’Italia ma anche nel resto del mondo (negli Stati Uniti i massacri ad opera di ragazzi sono ormai un’emergenza sociale).
E per rendere ancor più vibrante il suo sdegno invoca l’eruzione del Vesuvio su questa città di cui “nulla si deve salvare”. Non è il primo e non sarà l’ultimo napoletano ad autoflagellarsi (nel 2015 vi ricorse anche l’attore Giacomo Rizzo il quale affermò “ci vorrebbe un vulcano che scoppia per cambiare il modo di essere dei cittadini di questa città e farne persone più civili ed educate…”).
L’immancabile scure che si abbatte inevitabilmente sui napoletani ad ogni gesto inconsulto non trova rispondenze in altre parti, com’è giusto che sia. Eppure, questo pensiero autoflagellante resta in latenza per emergere in presenza di episodi esecrabili che hanno sempre trovato l’unanime condanna dei napoletani. Lo stesso scrittore che ha invocato l’aiuto del Vesuvio parla di questione psichiatrica, non sapendo quanto sia vera quest’affermazione: in quelli che esprimono i suoi stessi concetti, però, e hanno introiettato i pregiudizi degli altri facendoli propri. E’ proprio alla psichiatria che si potrebbe affidare se avesse le capacità di considerare di aver introiettato una sorta di “sindrome del riconoscimento”, come quella provata da Frantz Fanon, psichiatra, il quale trovandosi un giorno su un tram non potè fare a meno di provare imbarazzo e vergogna (la stessa di cui si stanno facendo carico in queste ore non pochi napoletani) di fronte alla figura di un nero appisolato che egli stava osservando con gli stessi occhi dell’oppressore, trovandolo rozzo, goffo e sguaiato.
L’emozione provata lo costrinsero a comprendere il motivo di questo riconoscersi nell’altro. E in quel senso di colpa indotto di sentirsi “difettato” Fanon riconobbe l’ alienazione mentale del colonizzato, che privato del suo passato, volutamente reso vergognoso dal suo oppressore, non può far altro che immaginarsi in una posizione stereotipata intrappolato in un presente destinato a ripetersi, senza alcuna possibilità di costruire il suo futuro. Così, la coazione a ripetere trova nel rinnovamento della colpa attraverso fiction come Gomorra o Mare fuori risposta favorevole proprio dagli stessi napoletani, che si guardano con vergogna proprio come Fanon con il povero nero (era nero anch’egli). E se per caso si provasse a smantellare questa narrazione tossica, ecco saltare fuori proprio qualche meridionale che parte con l’aggressione: ” io non so come vi permettete di paragonare la devianza giovanile in italia con quella di certi territori come il nostro…” Il giovane ventiquattrenne studiava al prestigioso conservatorio di san Pietro a Maiella e si manteneva agli studi lavorando, come fanno migliaia di ragazzi napoletani. Ossia, aveva esattamente le stesse caratteristiche di uno dei ragazzi della fiction ambientata nel conservatorio di Milano “La Compagnia del Cigno”.
Eppure, anche Milano vanta tristi primati sulla devianza giovanile, pur godendo di ben altre possibilità infrastutturali ed economiche. Ciononostante non esiste alcuna fiction che abbia mai posto in luce le stesse devianze. Dirò qualcosa di scontato, per alcuni non lo è: asserire che i cattivi siano solo da un lato e come espressione di un territorio, si condanna i primi a immaginarsi solo in quel modo e a restare intrappolati in quel copione. Nessuno avrebbe voluto che un ragazzo morisse in queste circostanze, e Dio solo sa il dolore indicibile che provano i suoi genitori, ma mi auguro che anzichè buttare per l’ennesima volta la croce sui napoletani si riesca anche ad allargare lo sguardo ad altri fattori. Nel caso ci fosse l’interesse sono appana cominciati i casting per la 4° serie di Mare Fuori, ha varcato i confini d’oltreoceano e verrà trasmessa negli Stati Uniti. Ma si, ci voleva uno svecchiamento: Gomorra proponeva modelli vecchi di criminalità. Mare Fuori, invece, rappresenta il nuovo: la devianza giovanile esclusivamente napoletana che non trova riscontro altrove, su cui tutti si danno da fare per redimerli. E so’ soddisfazioni.
L’autoflagellazione dei Napoletani e l’invocazione al Vesuvio su sè stessi
La sindrome da impotenza appresa dei meridionali continua, non si ferma e grazie alle fiction è sempre più