Non entro in casi specifici di testi di canzoni in lingua napoletana, ma vorrei semplicemente andare oltre e provare a spiegare alcuni punti fondamentali per cui oggi, si crea così tanta confusione intorno all’idioma di Parthenope.
Chi mi conosce sa bene che oramai da diversi anni mi batto (come un Don Chisciotte contro i mulini a vento) per la salvaguardia della lingua napoletana organizzando e tenendo personalmente specifici corsi (inventando persino i livelli da A1 a C2) in varie sedi ma particolarmente a Spaccanapoli, nello storico Palazzo Venezia.
Questi corsi sono strutturati in modo accurato e preciso e lo studio della lingua napoletana è trattato alla pari delle altre lingue, partendo dalla fonetica (come si legge, con menzioni all’alfabeto fonetico internazionale – IPA) sino all’ortografia (come si scrive), passando per la storia della lingua, per le etimologie, per i riferimenti lessicografici e letterari, il tutto seguendo specifiche slide e continue esercitazioni pratiche di scrittura.
Il costante impegno in questa attività culturale, ha fatto sì che l’interesse giungesse non solo a tanti cittadini napoletani e della provincia, ma ad appassionati da ogni angolo del mondo (farei fatica ad elencare le nazionalità dei tanti partecipanti stranieri) tanto che, son stato “costretto” ad avviare anche corsi online con iscritti collegati dalla California, all’Oregon, dal Connecticut, a New York, dal Canada, alla Scozia, dalla Grecia, Germania, Francia, Olanda, Corea, Brasile, ecc…, ma soprattutto (dato molto significativo) persone NON napoletane (nemmeno con lontane parentele campane) interessate alla lingua napoletana quale espressione culturale e non folcloristica.
Non sono mancate le azioni nelle scuole dalle medie inferiori alle superiori, partendo da stage di una sola giornata (“storia della lingua napoletana”, “gli slang giovanili”, “i francesismi nel napoletano”, “dal latino al napoletano”, ecc…) a veri e propri corsi (progetti PON, Scuola Viva, ecc…), in particolare alla Savio-Alfieri di Secondigliano, alla Pergolesi di Pozzuoli, alla Scotti di Ischia, Al Pacinotti di Scafati, al Rossini di Bagnoli, ecc… Né sono mancate le giornate di volontariato nelle Case di Cura (portando la lingua e la canzone napoletana agli anziani), nella Casa Circondariale di Secondigliano, le traduzioni delle guide al Museo di S. Gennaro e tante altre cose.
La salvaguardia della lingua è passata anche attraverso azioni di richiamo a pubblicità o insegne di negozi scritte in modo errato, ad etichette e menù di ristoranti o a testi di canzoni ed a tanto altro ancora.
Questo costante e certosino lavoro ha dato i suoi frutti e soprattutto tante soddisfazioni: molti corsisti scrivono poesie in vernacolo (e vincono anche concorsi), molti cantanti (di ogni genere, dal classico al rap) si rivolgono a me e si fanno aiutare nello scrivere i testi delle canzoni e così anche scrittori e drammaturghi, aziende e negozi (naturalmente tutto svolto da me gratuitamente), ma in particolare sono sempre più numerosi i ragazzi e le ragazze che chiedono assistenza per le loro tesi di laurea con richiamo alla lingua napoletana (vedi anche la studentessa giapponese nell’anno 2018).
Il riscontro più gratificante è giunto però dagli stranieri in città e dall’estero. L’Institut Francais che per oltre due anni ha ospitato i miei corsi, la presenza costante dei Consoli stranieri alle lezioni, i seminari in Olanda, in Francia e prossimamente anche in Spagna e presso l’Instituto Cervantes di Napoli con il corso di letteratura barocca napoletana legato al periodo spagnolo (il tutto ampiamente riportato dalla stampa locale e nazionale).
Ma il riconoscimento più importante ed unico nel suo genere (di cui tutti i napoletani e campani dovrebbero andar fieri) è il patrocinio morale (e di fatto il riconoscimento) dei miei corsi di lingua napoletana dal Consiglio d’Europa di Strasburgo nell’ambito della Giornata Europea delle Lingue (26 settembre), con tanto di rilascio d’attestato a tutti i partecipanti a tale corso.
E le “nostre” istituzioni?
È chiaro che il lavoro svolto da una persona o da una piccola Associazione non può far fronte ad una grossa falla sociale causata dall’assoluta assenza delle Istituzioni locali (benché invitate più volte a progetti a favore della popolazione), dall’assoluto disinteresse dei politici napoletani e meridionali in genere (salvo alcuni isolati ed inconcludenti casi), dall’oscurantismo accademico che mai ha appoggiato azioni o progetti d’ampio raggio per “alfabetizzare” i napoletani alla “loro” scrittura. E pensare che regioni come il Veneto (oltre all’autonomia differenziata) stanno avviando azioni a livello costituzionale per il riconoscimento nazionale della propria lingua.
La lingua napoletana negata al popolo napoletano! Questo è il nodo della questione!
La lingua napoletana dunque abbandonata da chi dovrebbe difenderla. Persino il Comitato Scientifico per la Salvaguardia e la Valorizzazione del Patrimonio Linguistico della Campania, nominato con la Legge Regionale n.14 dell’8 luglio 2019 e formato prevalentemente da accademici, focalizza il proprio operato su attività culturali legate a seminari (ma di fatto orientati a pochi addetti ai lavori ed agli studenti della Federico II), alla promozione di festival e/o attività culturali molto specifiche. Mancano di fatto, azioni concrete a partire dalle scuole elementari per giungere sino alle masse con i rudimenti dell’ortografia.
E se il popolo napoletano, parlante il napoletano, non viene sostenuto didatticamente, come fa ad esprimersi ortograficamente? Lo fa senza regole (non è colpa sua, nessuno gliel’ha mai insegnato) e senza alcun riferimento facile da reperire. La scrittura errata sostituisce di fatto la giusta ortografia e viene fortemente giustificata anche da chi invece dovrebbe difenderla in quanto personaggio pubblico. I lemmi senza le vocali atone intermedie e finali, le coniugazioni verbali, aferesi ed apocope, preposizioni ed articoli, tutto decade in quella maledetta falla. Eppure l’Accademia della Crusca (quella nazionale) ha una sua specifica sezione della lingua napoletana (quindi di fatto è codificata o codificabile), né mancano validi testi moderni (vedi dizionari e grammatiche scritte da autorevoli linguisti e filologi).
E qui ritorno al titolo dell’articolo: noi siamo ciò che…subiamo! Ovvero siamo ciò che troviamo in giro, ciò che ci offrono, ciò che ci viene detto e non detto. Siamo tutti gli errori ortografici che scriviamo o per i quali ci indigniamo e che oggi ci fanno sobbalzare dalla sedia leggendo il testo di un ragazzo napoletano che meritatamente arriva al successo ed arriva al Festival di Sanremo.
Noi siamo la cultura, o la sottocultura che ci scaraventano in faccia i social network, siamo il blob mediatico che ha inquinato la mente umana rendendoci un popolo ignorante e manipolabile (e non parlo solo di noi napoletani ma del mondo intero). Siamo il linguaggio di Gomorra e l’intercalare di alcuni pseudo comici che con rozzezza “fanno scuola” tra i giovani. Siamo coloro che sostengono la disinformazione e da inconsapevoli ignoranti vestiamo gli abiti da esperto in base all’argomento del giorno. Siamo plagiati al futile, al non-pensiero, alla non-lettura, al non-studio. Siamo giudici e colpevoli, nemici in perenne guerra fratricida laddove il vero nemico è colui che ci cancella l’identità e ci toglie ogni diritto sociale.
Ed allora cosa fare?
Forza Geolier, ti si’ nu guaglione ‘e Napule e nnu’ ttiene colpe comme nun ‘e ttene nisciuno!
Ed io, pur non essendo né un linguista, né un filologo, continuerò a fare il Don Chisciotte!