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Il mezzogiorno dopo l’Unità d’Italia: Francesco II e Maria Sofia, gli ultimi eroici sovrani delle due Sicilie

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Rubrica a cura di Enrico Fagnano: Francesco II e Maria Sofia, gli ultimi eroici sovrani delle Due Sicilie.
(Il mezzogiorno dopo l’Unità d’Italia)

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Sugli ultimi giorni di Francesco II e della regina Maria Sofia a Gaeta si è scritto molto e ancora se
ne scriverà. All’epoca quell’eroica resistenza, quasi insensata, fu seguita dai giornali di tutta Europa
e suscitò grande ammirazione. Di fronte, però, a una situazione oramai compromessa Napoleone III,
al quale l’assedio di Gaeta creava problemi con il potente partito cattolico, rivolse diversi inviti al re
napoletano perché accettasse la resa. A lui Francesco II rispose, dimostrando sorprendente fermezza
per un uomo che aveva solo 24 anni, ma anche estrema dignità di fronte ai tragici eventi, che lo
stavano travolgendo. Ecco la sua lettera inviata all’imperatore il 28 dicembre 1860: ‘Come cedere,
quando in tutte le Provincie del mio regno con sentimento spontaneo si insorge contro la
dominazione del Piemonte?
Come cedere, quando da tutte le parti mi si incoraggia alla resistenza;
quando da tutti i punti d’Europa, uomini privati e Governi mi animano a perseverare nella difesa
della mia causa, che è in questo momento la causa dei Sovrani del diritto pubblico,
dell’Indipendenza dei Popoli? Se le considerazioni politiche possono far sembrare temeraria la mia
risoluzione, il cuore di V. Maestà che è grande e nobile saprà comprenderla. Io sono stato vittima
della mia inesperienza, dell’astuzia, dell’ingiustizia e dell’audacia di una Potenza ambiziosa; io ho
perduto i miei Stati, ma non la fiducia nella protezione di Dio e nella giustizia. Il mio diritto ora è il
solo mio patrimonio ed è mestieri che, per difenderlo, io mi faccia seppellire, se fa d’uopo sotto le
fumanti rovine di Gaeta. Questa previsione dell’avvenire non mi ha fatto esitare un istante, ma il
solo mio timore è di cadere prigioniero e vedere la mia dignità reale avvilita. Ma se questa prova mi
è serbata, se l’Europa permette ancora questo, sia ben sicura la M. Vostra che io non proferirò un
lamento e saprò sopportare con rassegnazione e fermezza la mia sorte.
Ho fatto ogni sforzo per
persuadere la Regina a separarsi da me, ma sono stato vinto dalle tenere sue preghiere e dalle
generose sue risoluzioni. Ella vuol meco dividere sino alla fine la mia fortuna, consacrandosi a
dirigere negli Ospedali le cure dei feriti e dei malati; da questa sera Gaeta conta una suora di carità
in più.’

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L’intensità con la quale Francesco II viveva il ruolo di guida della sua nazione è evidente anche in
un altro documento di poco precedente, il Proclama ai Popoli delle Due Sicilie dell’8 dicembre. Il
giovane sovrano, però, non smise mai, anche quando ebbe perduto il trono, di considerarsi il re dei
Napoletani. Lo dimostrano la lettera del 10 giugno 1861, con la quale protestò presso i governi
europei per l’unificazione dei debiti pubblici degli Stati italiani, e la lettera del 15 dicembre 1861 al
Vescovo di Torre del Greco, con la quale accompagnò la sua offerta di 800 scudi per la popolazione
del paese, danneggiato da un’eruzione del Vesuvio
. Lo dimostra anche il colloquio del 9 dicembre
1861 con l’ambasciatore francese a Roma, Charles de la Valette, il quale gli aveva assicurato che,
se avesse lasciato lo Stato Pontificio, l’imperatore lo avrebbe ospitato in Francia e gli avrebbe fatto
rendere i beni personali, rimasti nell’ex regno. L’offerta era allettante, ma, come riporta La Gazzetta
Universale di Augusta del 7 marzo 1862, il giovane re rispose: ‘Ho dei doveri da compiere, e li
adempierò fino alla fine. Non abbandonerò il posto, che la provvidenza mi ha confidato. Io non ho
incoraggiato l’insurrezione in Napoli, ma non rinnego e giammai rinnegherò quelli che combattono
in mio nome.’ Ancora a difesa degli interessi del suo popolo sono le lettere dell’8 giugno 1861 e del
1° settembre 1862, con le quali Francesco II protestò con i governi europei per la vendita dei beni
del Regno delle Due Sicilie e dei beni ecclesiastici, mentre le lettere del 1° luglio 1862
allo zar
Alessandro II e al re di Prussia sono una risentita protesta contro il loro riconoscimento del Regno
d’Italia. All’imperatore russo Francesco II ricorda, tra l’altro, quanto sia costata allo stato
napoletano la lealtà mostrata nei suoi confronti. Ecco quello che scrive: ‘Ognuno sa quali stretti
vincoli d’intima amicizia legavano i due ultimi Sovrani della Russia e delle Due Sicilie, ed ognuno
vide, durante le critiche vicende della guerra di Crimea, che il Re Ferdinando, posto sulla via delle
Potenze alleate, volle piuttosto sfidare l’inimicizia di due grandi potenze vittoriose, che deviare

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dalla più stretta neutralità e permettere che nel suo Stato avesse luogo il menomo atto a pregiudizio
del nobile Monarca, che chiamava suo amico. Allora non vi fu argomento alcuno di utile politico,
che potesse andare al disopra della lealtà del Re. Le conseguenze non si fecero aspettare. Il richiamo
delle Legazioni della Francia e dell’Inghilterra, il contegno di ambedue queste Potenze nel conflitto
italiano e la cacciata della dinastia delle Due Sicilie non sono forse senza relazione con quel
contegno leale di Re Ferdinando.’
Queste parole dimostrano come il giovane sovrano avesse
compreso con chiarezza i meccanismi di politica internazionale, che avevano portato alla caduta del
suo governo. A febbraio, però, la situazione divenne insostenibile, il cibo mancava, negli ospedali
non c’era più posto per i feriti, il tifo imperversava e fu impossibile continuare a resistere. La
capitolazione venne firmata il 13 febbraio e il giorno successivo il re, la regina e pochi fedelissimi si
imbarcarono sulla nave francese Mouette alla volta di Roma.
Il comportamento di Francesco II e della sua giovane moglie vennero ricordati a lungo in tutta
Europa e quando molto tempo dopo, negli anni Dieci del Novecento, Proust conobbe Maria Sofia,
volle parlarne nella sua Recherche dicendo: ‘quanto un tempo si era mostrata coraggiosa questa
donna eroica che, regina-soldato, aveva combattuto sugli spalti di Gaeta.’ Maria Sofia continuò
sempre ad essere una donna coraggiosa e durante la prima guerra mondiale, quando aveva da tempo
superato i settanta anni, non smise mai di portare conforto ai giovani italiani prigionieri nei campi in
Germania. Forse quei militari che soffrivano le facevano tornare in mente le sofferenze che anche
lei e i soldati napoletani avevano vissuto nella fortezza di Gaeta. Quelle terribili giornate erano
rimaste impresse nel suo animo e nelle ore precedenti la morte, avvenuta il 19 gennaio 1925 a
Monaco di Baviera, le volle, come raccontarono i testimoni, ancora un’ultima volta rievocare.
Francesco II già da molti anni non c’era più. Era morto il 27 dicembre 1894 nella località termale di
Arco, in Trentino, dove, precocemente invecchiato, si era recato per curarsi.
Seconda puntata. I libri di Enrico Fagnano.
(Il mezzogiorno dopo l’Unità d’Italia)

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