‘A Lengua Napulitana di Davide Brandi
“Jamme, jamme, ncopp’ jamme ja’…”. Se è vero che “jamme” è così scritto in una nota canzone napoletana di successo (Funiculì funiculà, 1880, testo di Giuseppe Turco, musica di Luigi Denza), non è detto che l’autore lo abbia riportato nel modo ortografico corretto, così come soventemente capitava nella stesura dei testi, semplicemente perché spesso, un autore non è né un linguista, né un filologo, né ha approfondito le proprie conoscenze nello studio del napoletano. Varrebbe lo stesso se oggi scrivessimo “picciò” anziché “pirciò” perché Geolier così lo ha scritto in una recente canzone presentata al festival di Sanremo (e questo varrebbe dunque, per tutti gli autori che ignorano l’ortografia del napoletano). Come noto, il napoletano è una delle lingue (o se preferite idiomi), neoromanze, ovvero derivate dal latino del volgo, e per questo, nella quasi totalità degli sviluppi da tale radice, c’è una spiegazione “scientifica”.
(JAMME o JAMMO? Qual è la forma corretta in lingua napoletana?)
Bisogna innanzitutto premettere che è necessario distinguere la fonetica dall’ortografia. Una cosa è il parlare, altra cosa è lo scrivere in modo corretto, ed anche il napoletano ha queste regole alle quali dedichiamo ben quattro lezioni ai corsi di lingua napoletana (livello base A1) e che rimandiamo in altri articoli. Nel caso specifico, la prima persona plurale del modo indicativo del tempo presente, in napoletano corrisponde a: NUIE/NUJE JAMMO, con la “O” finale anche se vocale atona, ovvero muta o appena accennata in quel suono frequentissimo nel napoletano che in linguistica prende il nome di “scevà” o “schwa” (caratteristica quasi unica tra i dialetti della penisola ad eccezione degli idiomi pugliesi/lucani e delle zone tra basso Lazio, Molise e Abruzzo).
Come detto dunque, la radice è dal latino, e nel caso specifico, la 1a persona plurale dell’indicativo presente NOS IMUS, il cui sviluppo diacronico (ovvero il mutamento del tempo) porta la variazione della desinenza (-US) della voce verbale (lasciando quasi del tutto invariata la radice IRE = JI/JI’/JÍ) in IM-U e poi in IM-O e poi in IMMO (con tipico rafforzamento consonantico interno della lingua napoletana, AMMORE, COMME, ecc.) ad avallare ancora una volta la trasformazione delle desinenze latine -UM, -US nella “O” delle lingua neoromanze e non solo nelle coniugazioni verbali ma anche nelle declinazioni dei sostantivi (es.: AGNUS, diviene nel napoletano AINO/AINIELLO e nell’italiano AGNELLO, REGNUM, diviene nel napoletano e nell’italiano REGNO, ecc…).
Ecco dunque che nella maggior parte delle lingue neoromanze, la 1a persona plurale degli indicativi presenti, termina in “O” o la vocale è presente in posizione diversa ma a ricordo delle desinenze di cui sopra.
Esempi:
Italiano = “noi andiamO“;
francese = “nous allOns“;
spagnolo = “nosotros vamOs“,
portoghese = “nos vamOs“.
E poi in altre lingue neoromanze, per es.
in romanesco “annamO”,
in galiziano “imOs“,
in siciliano e in salentino invece, lo sviluppo diacronico e diatopico (nel tempo e nello spazio “geografico) ha conservato la “U” latina che si pronuncia tonica:
siciliano = “nuatri jemU“;
salentino = “nui sciamU“.
Nel napoletano troviamo dunque NUIE/NUJE CERCAMMO, CUFFIAMMO, ASCIMMO, CAGNAMMO, SCERIAMMO, SPARAGNAMMO, ecc…
lo stesso vale per la forma riflessiva dove, in questo caso alla 1a persona plurale, il pronome atono “CE” si fonde della coniugazione; JAMMONCENNE, CERCAMMOCE, VESTIMMOCE, SCETAMMOCE, ecc.).
Per finire dunque, giungiamo al nostro napoletano: NUJE/NUIE JAMMO (con la finale atona) e stesso discorso vale per il modo imperativo tempo presente (JÀMMO!), anche nella forma con rafforzamento sintattico apocopato (JAMMO JA’!).
Io / I’ vaco (dalla radice latina “vadicare”)
Tu vaje/vaie
Isso/essa va
Nuie/nuje jammo (dalla radice latina “ire”)
Vuie/vuje jate
Lloro vanno
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