Un anonimo utente scrive:
“Scampia, le famose sette “Vele” costruite tra il 1962 e il 1975 su progetto dell’architetto Francesco Di Salvo, affidato dalla Cassa del Mezzogiorno, si ispiravano al concetto dell’Existenzminimum: abitazioni essenziali, con costi di costruzione contenuti, ma dotate di grandi vie di scorrimento e aree verdi tra le varie strutture. Questi spazi comuni erano pensati per favorire l’interazione tra le famiglie, creando una comunità modello. Nel progetto non poteva mancare l’aspetto poetico e teatrale, rappresentato dai “ballatoi”, passerelle di ferro e cemento, che richiamavano i vicoli storici del centro di Napoli. Un progetto simile, per forma e struttura a piani digradanti, fu realizzato da André Minagoy per la Baie des Anges di Villeneuve-Loubet, nel sud della Francia, con esito ben diverso: queste aree sono oggi residenziali e prestigiose, a differenza di Scampia. Altri edifici analoghi furono costruiti per il villaggio olimpico di Montreal.
Dal 1980, anno del terremoto dell’Irpinia che portò molte famiglie senzatetto a Scampia, il destino di questo quartiere è cambiato radicalmente. Da un luogo progettato come “paradiso terrestre”, si è trasformato progressivamente in un “inferno” di degrado. Mi chiedo a chi sia giovato trasformare le Vele in veri e propri “ghetti”, circondati solo da malaffare e privazione di dignità per le persone oneste. Solo qualche bottega ha costituito fino a poco tempo fa gli unici spazi di aggregazione comune. Perché non si è lavorato per realizzare il progetto iniziale di una comunità modello? Solo nel 1987, quindici anni dopo la consegna degli alloggi, fu insediato il primo commissariato di polizia. Solo dopo 42 anni, nell’ottobre del 2022, si è visto un barlume di civiltà con l’inaugurazione del Complesso Universitario degli Studi di Napoli Federico II, sorto dalle macerie della Vela H.
Forse le risposte vanno cercate in una politica deviata e comoda, che ha emarginato un’intera comunità, limitandosi al mero ricatto basato sulla disperazione di chi chiedeva aiuto in cambio di voti? O forse nella continua strumentalizzazione di un’intera collettività, esposta come un trofeo di fronte al mondo attraverso innumerevoli riprese cinematografiche che hanno estremozzato gli aspetti negativi, rendendo il quartiere “appetibile” nell’immaginario collettivo, oltre che terreno fertile per la saggistica e la letteratura? Dove erano i controlli delle istituzioni? Dove era lo Stato? Nel corso degli anni si sono verificati continui fenomeni di occupazioni abusive di alloggi, lasciati liberi da chi otteneva nuove assegnazioni in palazzine più moderne in cambio di compensi. Non va trascurato neanche il fenomeno dell’eredità del “diritto alla casa popolare”, con il cambio di intestazione dei contratti di assegnazione con residenza acquisita in pochi anni!
Mi chiedo, perché non si è mai proceduto a un censimento socio-economico delle famiglie che occupano case popolari, per verificare se il loro stato economico sia cambiato rispetto al momento dell’assegnazione dell’alloggio? Perché le case popolari continuano ad essere assegnate anche a famiglie con redditi da 25 mila euro in su, solo perché hanno vissuto nelle Vele? Perché non si perde il diritto alla casa popolare in base al reddito annuo, permettendo così a chi può di andare in affitto, liberando spazi per chi ne ha realmente bisogno? Una possibile alternativa potrebbe essere la compravendita agli assegnatari, reinvestendo i ricavi nella costruzione di nuove abitazioni.
Oggi, se solo ci fosse stato il dovuto rispetto, la dovuta dignità e la dovuta considerazione della vita umana, non ci troveremmo a piangere piccole anime, i nostri bambini, che lottano tra la vita e la morte, e tre vittime con un solo sogno nel cuore: una svolta nella vita e un futuro migliore per i propri figli, coinvolti in una tragedia annunciata!
A chi ha giovato, per mezzo secolo, questo degrado? Come avrebbe detto Victor Hugo, “I miei Miserabili”?