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Mafie nelle curve del Nord. Il silenzio che uccide la verità

BCC

Quando si parla di mafia, spesso erroneamente si pensa subito al Sud Italia, perché per decenni ha fatto comodo ad un certo sistema parlare così. È una narrazione storica e radicata, ma non più attuale. La criminalità organizzata, infatti, ha ormai esteso i suoi tentacoli ben oltre i confini meridionali, insinuandosi nelle pieghe del tessuto economico e sociale del Nord Italia. A denunciarlo è stato, tra gli altri, il magistrato Nicola Gratteri, che ha ripetutamente messo in guardia sulla presenza pervasiva della ‘ndrangheta in Lombardia. Non solo nei supermercati, dove si stima che la quasi totalità delle attività siano sotto il suo controllo, ma anche nelle curve degli stadi, luoghi simbolo di potere e controllo.
(Mafie nelle curve del Nord. Il silenzio che uccide la verità)

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Negli ultimi anni, i legami tra gruppi ultras e criminalità organizzata sono stati al centro di varie inchieste, ma troppo spesso il tema è stato ignorato dai media nazionali. Solo ora, a fronte di gravi fatti di cronaca, l’attenzione si riaccende, come se fosse una novità. E dove si cerca di parlare ancora della Rapina a Neres, come se succedesse solo al Sud, al Nord, avvengono omicidi che a volte si ricollegano a clan camorristici. La realtà è che il fenomeno esiste da anni, nascosto sotto il tappeto.

Il caso Inter: l’omicidio di Antonio Bellocco

L’ultimo tragico episodio di questa lunga serie è l’omicidio di Antonio Bellocco, giovane rampollo di una delle più potenti famiglie di ‘ndrangheta, ucciso a Cernusco sul Naviglio, periferia di Milano. Un delitto che ha messo in luce quanto la criminalità organizzata abbia infiltrato il tifo organizzato della curva Nord dell’Inter. Bellocco, figlio di Giulio, boss deceduto nel carcere di Opera, era legato a doppio filo con i vertici ultras nerazzurri. Grazie alla sua amicizia con Marco Ferdico, altro capo della curva, era riuscito (come riportato dalle maggiori testate giornalistiche) a inserirsi nella gestione del secondo anello verde di San Siro, ma la sua presenza non era mai stata accettata del tutto da Andrea Beretta, capo storico degli ultras, che alla fine ha posto fine alla sua vita con due coltellate.

Il problema, però, non riguarda solo la curva dell’Inter. Già nel 2017, la Commissione Parlamentare Antimafia aveva evidenziato come la criminalità organizzata fosse fortemente presente nel tifo organizzato di molte squadre italiane. Un esempio lampante riguarda la Juventus, dove la ‘ndrangheta aveva assunto il ruolo di intermediaria e garante nel bagarinaggio gestito dagli ultras bianconeri. La situazione non è molto diversa in altre città del Nord e del Sud, a dimostrazione che il problema è diffuso su tutto il territorio nazionale.

È curioso notare come, nonostante l’evidenza e le numerose inchieste, il fenomeno non sia trattato con la dovuta attenzione dai media. Forse per paura, forse per connivenza, o semplicemente perché si preferisce non affrontare un problema così spinoso. Solo ora, a seguito dell’omicidio di Bellocco, si torna a parlarne per poi fermarsi nuovamente. Ma è chiaro che si tratta di un’emergenza sociale che richiede risposte immediate e concrete.

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