Che il razzismo sia un problema radicato è purtroppo una triste realtà che si rinnova, anche quando sembra superata. La recente vicenda vissuta dagli studenti dell’Istituto superiore Archimede di Ponticelli, vittime di insulti razzisti durante un evento natalizio a Venezia, riporta al centro dell’attenzione un problema che molti pensavano appartenesse al passato: la discriminazione verso i meridionali, che da oltre 160 anni continua a ferire il tessuto sociale italiano. «Terroni, tornate a casa vostra». Queste parole, urlate ai ragazzi napoletani che con grande entusiasmo avevano indossato abiti storici ottocenteschi per partecipare a un evento culturale, raccontano molto più di un semplice episodio. Sono il riflesso di una mentalità che, senza cultura e senza educazione, non riesce a sradicare i pregiudizi. Ragazzi solari, rispettosi e curiosi si sono ritrovati a fare i conti con una crudeltà ingiustificabile solo per il loro accento e per le loro origini.
La dirigente scolastica, Rori Stanziano, ha espresso dolore e delusione per quanto accaduto, ma ha anche rivendicato con orgoglio il valore dell’esperienza vissuta dai suoi studenti. «Hanno danzato nei palazzi affrescati e cenato in un hotel cinque stelle con argenteria d’epoca. Nulla può cancellare la loro dignità», ha dichiarato, sottolineando che l’odio non potrà mai prevalere sull’orgoglio di chi conosce la propria storia e il valore della propria cultura.
Le scuse del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, sono arrivate con una lettera aperta: «Le ingiurie sono inaccettabili e non riflettono i valori della nostra città», ha scritto, invitando la scolaresca a tornare come ospiti per scoprire il lato più autentico e accogliente di Venezia. Tuttavia, non bastano le scuse. Serve un impegno concreto per educare al rispetto delle differenze e alla valorizzazione delle diversità culturali. Il razzismo non è mai un problema del passato se non lo si affronta nel presente. E finché pregiudizi e ignoranza saranno radicati, episodi come questo continueranno a macchiare la nostra società. Il grido di Ponticelli, oggi, è il grido di un Sud che non si arrende e che, ancora una volta, dimostra che cultura e identità sono la risposta più forte al razzismo.
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