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Il Sud che si svuota: giovani in fuga tra disuguaglianze e sogni lontani

BCC

di Alessandro Casillo
Ogni anno, il Sud Italia vive un ciclo che si ripete con dolcezza e amarezza insieme: i “ragazzi”, tornati per le feste natalizie, si ritrovano a fare i bagagli per riprendere la strada verso il Nord o verso altre destinazioni europee. Le famiglie restano, con il frigorifero svuotato dai cibi preparati con amore e le case che tornano a silenziarsi, mentre i giovani ripartono con il cuore colmo di nostalgia e i bagagli carichi di sapori e ricordi. Radici spezzate: una scelta obbligata

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Questa migrazione di ritorno e ripartenza non è solo un fenomeno culturale, ma il sintomo di un profondo divario socio-economico che affligge il nostro Paese. I giovani del Sud, costretti a lasciare le loro terre per mancanza di opportunità lavorative e prospettive di crescita, rappresentano il volto più amaro di un’Italia divisa. Al Nord, e ancor più in Europa, trovano ciò che il Mezzogiorno non riesce a offrire: stabilità economica, infrastrutture efficienti, innovazione, formazione e meritocrazia.

Ma qual è il prezzo di questa diaspora? Il costo non è solo personale, in termini di radici strappate e affetti distanti, ma anche collettivo. Il Sud perde risorse umane preziose, energie giovani e competenze che potrebbero contribuire alla crescita del territorio. Il “sogno europeo” diventa la via d’uscita, ma lascia un vuoto incolmabile nelle comunità locali.

Le ragioni di questo fenomeno sono radicate nella storia e nella politica italiana. Dalla razzia subita praticata dal Nord a spese della industrializzazione del Sud dopo l’unità d’Italia, alla cattiva gestione dei fondi pubblici e alla corruzione di una politica non fedele alle proprie radici, il Mezzogiorno è stato sistematicamente escluso dalle politiche di sviluppo che hanno favorito il Nord. Ancora oggi, il gap infrastrutturale è evidente: trasporti pubblici inadeguati, università con meno risorse e un mercato del lavoro che fatica a emergere.

Anche l’Europa, nonostante i fondi strutturali destinati alle aree meno sviluppate, sembra non aver colmato queste disuguaglianze. Il Sud rimane il fanalino di coda, con un tasso di disoccupazione giovanile che supera il 30%, mentre le regioni settentrionali attraggono investimenti e si consolidano come motori dell’economia italiana, almeno così si pensa, non considerando tutti prodotti che il Nord vende al Sud e la manodopera acquisita proprio da quel Sud.

Le regioni del Nord, così come molte città europee, offrono ai giovani meridionali ciò che il Sud non riesce a garantire: formazione di qualità, opportunità di carriera, servizi efficienti. Milano, Bologna, Torino, così come Berlino, Londra e Barcellona, diventano simboli di una vita che può essere vissuta senza compromessi, dove le competenze vengono riconosciute e premiate.

Ma questo “Eldorado” nasconde insidie. I giovani emigrati devono spesso affrontare la solitudine, l’adattamento a contesti culturalmente e socialmente diversi, e il peso di una lontananza che si traduce in nostalgia per una casa che, seppur amata, li ha costretti ad andare via.

Invertire questa tendenza richiede una visione politica coraggiosa e lungimirante. Il Sud Italia ha potenzialità enormi: un patrimonio culturale e paesaggistico inestimabile, una tradizione di resilienza e creatività, e una posizione strategica nel Mediterraneo. È necessario puntare su politiche mirate per lo sviluppo economico, investendo in infrastrutture, innovazione e formazione.

La creazione di un tessuto economico locale capace di trattenere i giovani richiede anche una lotta efficace contro la corruzione e una maggiore attenzione alle specificità territoriali. Non si può ignorare il ruolo delle imprese private e delle start-up: sostenere l’imprenditorialità locale potrebbe creare nuovi posti di lavoro e stimolare la crescita.

L’Epifania segna la fine di un breve ritorno e l’inizio di una lunga assenza. I giovani del Sud partono, ma portano con sé un legame indissolubile con le loro terre. È tempo che il Sud emerga e creda in quello che può fare, investendo e difendendo seriamente nel Mezzogiorno, trasformando il ritorno a casa da un evento temporaneo in una scelta di vita. Perché il vero sviluppo non è solo economico, ma è anche umano: si misura nella possibilità di restare senza dover rinunciare ai propri sogni.

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