Rubrica a cura di Antonio d’Avino: Spettacolando
Con questo articolo l’Identitario inaugura una nuova rubrica dedicata allo spettacolo a Napoli ed in Campania. In questo spazio mi occuperò di cinema e televisione ma soprattutto di teatro, radice e fondamento di ogni altra espressione performativa. Da secoli Napoli ed il sud Italia in generale è fucina generosa di talenti sia nel campo attoriale che in quello della drammaturgia, spesso fusi in un’unica personalità d’artista, uno per tutti il grandissimo Eduardo, genio universale e indiscusso dell’arte teatrale. D’altra parte, l’anima partenopea è costantemente gravida di istanze performative e a conferma di ciò vi sono le centinaia di sale teatrali a volte grandi ma per lo più piccole, spesso piccolissime in cui si muovono, agiscono decine di compagnie con intenti e risultati diversi ma tutte accomunate da identica passione ed abnegazione. Ad aprire le danze ho scelto una Compagnia nata 15 anni fa a Cardito, ove ha tutt’ora sede, ed il teatro di Frattamaggiore, il “De Rosa”, che l’ha scelta di recente quale compagnia Stabile. Stiamo parlando de “La Fenice Teatro e Cultura” compagnia fondata nel 2010 da Roberto Arabiano ed Eliana Lamanna, una storia lunga ormai tre lustri nel corso dei quali la compagnia, che si occupa anche di formazione, ha riscosso un numero veramente lusinghiero di successi, testimonianza di una lavoro intelligente e costante. La scelta di esordire con questa rubrica parlandovi de La Fenice nasce anche dal fatto che uno dei suoi fondatori, Roberto Arabiano, attore e regista, si è cimentato anche nella scrittura di un inedito che, presentato al teatro De Rosa l’11 e 12 gennaio scorsi, ha riscosso un lusinghiero e a mio avviso più che meritato successo. Ma di questo vi parlerò dopo, ora desidero farvi conoscere meglio la compagnia. Per questo ho incontrato a Cardito Roberto Arabiano che ha accettato cortesemente di rispondere ad alcune domande.
D. Cos’è il teatro per Roberto Arabiano e quale il suo ruolo nella società?
R. Il teatro per me ha rappresentato la salvezza. Avevo otto anni quando ho messo piede per la prima volta sulle tavole del palcoscenico e non ho più smesso. Ero un bimbo timido e taciturno, e il teatro ha portato fuori quello che tenevo ben celato agli altri. Il teatro nasce nell’antica Grecia con una funzione fondamentale: quella di smuovere le coscienze. Credo che, oggi più che mai, debba ritornare a questa sua finalità primordiale.
D. Roberto Arabiano attore, formatore, impresario, regista ed ora anche autore. Quale ruolo senti più tuo, più vicino alla tua natura?
R. Beh credo quella di attore e formatore. Attore, perché al momento, non riuscirei a stare senza salire su un palcoscenico e far vivere, anche per poche ore, un personaggio, prestandogli il mio corpo, le mie sensazioni, e le mie emozioni. Formatore perché, insegnare ai ragazzi e avvicinarli al mondo del teatro, ti regala davvero delle soddisfazioni inimmaginabili, e poi dai ragazzi si impara tanto. Per questo nel 2021 ho conseguito il Master Biennale in Teatro, Pedagogia e Didattica. Metodi, Tecniche e metodi delle arti sceniche presso l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa.
D. Parliamo ora della vostra associazione e della compagnia che ne è emanazione, “La Fenice”. ome nasce l’idea de La Fenice e chi ne sono stati i fondatori?
R. “La Fenice” nasce nel marzo del 2010, avevo ventisei anni all’epoca e mi venne la voglia e l’idea di creare, dopo anni di militanza in altre compagnie, di creare qualcosa che sentissi pienamente mio. La fondammo io, Eliana Lamanna e Domenico Listone, il quale, poi, nel 2017 è stato sostituito da Davide Cestrone. Fin da subito però l’intento era chiaro: coinvolgere i giovani.
D. Come si sono sviluppate nel tempo le attività dell’Associazione e quali sono quelle attualmente svolte?
R. Inizialmente, eravamo un’associazione teatrale che, ogni anno, portava, dopo mesi di prove, un lavoro in scena, che potesse toccare le corde emotive del pubblico. Poi iniziammo a svolgere l’attività teatrale presso le scuole e le parrocchie, in modo da coinvolgere, attraverso queste collaborazioni, più giovani possibili. Infine l’associazione ha iniziato a produrre più spettacoli all’anno, fino ad arrivare a creare una vera e propria stagione teatrale di quattro spettacoli, ad oggi molto seguita.
D. Qual e’ la struttura attuale dell’Associazione e chi vi è impegnato a livello organizzativo?
R. Dal 2010 io sono il presidente dell’associazione, coadiuvato da Eliana Lamanna e una cerchia di stretti collaboratori: Giancarlo Maria Giaccio per le grafiche, Davide Montuori e Pasquale Costanzo per le scenografie, Antonio Palo, Federica Garofalo,Pasquale Vergara, Antonio Vergara, Domenico Capasso, Emanuele Monaco e Giancarlo Maria Giaccio per la comunicazione, Flavia Pezzella e Filomena Barra per trucco e parrucco, Carla Rocco, Emanuele Monaco, Mena Di Bello, Flora Morra per il botteghino e potrei elencare ancora tanti che, negli anni, hanno profuso tante energie per l’associazione.
D. Parlami della collaborazione con il Teatro De Rosa di Frattamaggiore e cosa significa per la Compagnia de La Fenice essere stata scelta come Compagnia Stabile del De Rosa
R. La collaborazione con il Teatro De Rosa nasce molti anni fa, in realtà. Io ho iniziato lì la mia formazione prima con Sasà Trapanese, poi con Peppe Sollazzo. Da lì, non ci siamo più lasciati e quando ho fondato la Fenice teatro cultura, ho sempre rappresentato i miei lavori in questo teatro, a cui sono legato da un affetto viscerale. Inoltre,da qualche anno, svolgo, proprio al Teatro De Rosa, un laboratorio teatrale diretto da me,la Fenice Teatro Lab, ogni mercoledì dalle 19.30 alle 21.30. Nel 2024 arriva una notizia inaspettata: Raffaella De Rosa, direttrice del teatro, ci ha comunicato la volontà del teatro di volerci come compagnia stabile, per il fatto che negli anni ci siamo distinti per impegno, per dedizione e per serietà, rispetto a tante altre realtà. Ovviamente per noi è stato un vero onore ricevere questa enorme gratificazione e il 14 marzo, proprio come compagnia stabile, porteremo in scena “Premiata pasticceria Bellavista”di Vincenzo Salemme.
D. E adesso Roberto dicci qualcosa di questo lavoro, “ ‘A rivoluzione Pullecene’ ”. Come nasce l’idea del soggetto?
R. L’idea di scrivere un inedito, ci solleticava già da un pò, ma a giugno del 2024 abbiamo deciso di concretizzarla. Volevamo scrivere qualcosa che scuotesse le coscienze, qualcosa che portasse lo spettatore a riflettere e non le solite cose banali che suscitano la risata facile, che si vedono in giro. Un intento molto difficile però da poter realizzare.
D. Lavoro a quattro mani, tuo e di Domenico Capasso. Come avete organizzato, suddiviso il lavoro di scrittura?
R. Domenico è per me come un fratello più piccolo. E’ stato uno dei miei primi allievi e lavorare con lui è stato emozionante e stimolante. A giugno iniziamo a buttare giù una prima bozza. Da qui iniziammo ad estrapolare ciò che ritenevamo giusto da sviluppare e da lì abbiamo elaborato altre due versioni: una in italiano e una in napoletano. Abbiamo optato per la versione napoletana, per renderla facilmente fruibile al pubblico. Domenico inoltre, laureato in cinema all’Accademia delle Belle Arti di Napoli, ha saputo dare a questo lavoro un taglio “cinematografico” e di immediatezza, che credo sia stata la sua carta vincente.
D. Sono stato colpito, oltre che dalla drammaturgia, anche dalla direzione dell’opera, leggera, dinamica, molto fresca e moderna. Quali sono stati, se ve ne sono stati, i riferimenti cui ti sei ispirato nell’approntare questa regia?
R. Beh i riferimenti sono stati tanti. Indubbiamente il Maestro Eduardo De filippo, a cui abbiamo anche dedicato delle citazioni come “Signori inizia la prova”, o il discorso del Pulcinella al generale, ispirato al discorso di Pulcinella, interpretato dal Maestro in Ferdinando I, Re di Napoli e infine al bellissimo monologo di Peppino Girella, “ E’ cose e niente” a cui si ispira il finale dello spettacolo. Infine, punti di riferimento sono stati anche “1984” di George Orwell, “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury e “ Il mondo nuovo” di Aldous Huxley.
D. Quale sarà ora il percorso che farà “ ‘A rivoluzione…” dopo il più che lusinghiero successo riscossa nelle due serate di debutto del lavoro? R. Ancora oggi, ci scrivono per farci i complimenti e tutto ciò ci riempie il cuore di gioia, perché vuol dire che l’intento di scuotere ed emozionare il pubblico è stato centrato. Abbiamo , proprio in questi giorni, ricevuto alcune richieste da parte di alcune scuole per organizzare delle mattinate, visto il tema e quasi sicuramente lo spettacolo parteciperà ad una serie di rassegne in giro per l’Italia. Non escludiamo di riportarlo in scena per una replica a grande richiesta. Infine permettimi di ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile realizzare questo lavoro: in primis Domenico Capasso, co-autore e aiuto regia; Emanuele Monaco assistente alla regia e per il ruolo di Pulcinella; Giancarlo Maria Giaccio per le grafiche e per il ruolo del regista; Davide Montuori per le scenografie e per il ruolo di Mimì; e poi i restanti attori, Marco Blocco, Ciro Palmese, Mariapia Giordano, Salvatore Caputo, Lisa Tesoro, Filomena Barra, Federica Garofalo, Caterina Alfieri, Maria Gabriella Daliento, Michela Giannotti, Giulia Ippolito, Antonio Palo, Pasquale Vergara.
Ringraziamo e salutiamo di cuore Roberto per la sua disponibilità. Ed ora alcune mie note personali circa ” ‘A rivoluzione Pullecene’ “, il lavoro scritto, come accennato prima, da Roberto Arabiano e Domenico Capasso. In un futuro (futuro?) distopico, un regime occhiuto ed onnipresente vieta, pena la carcerazione immediata, ogni forma d’arte, per la capacità di quest’ultima di risvegliare nel popolo-gregge quel pensiero critico che media e piattaforme social, subdolamente pilotate dal regime stesso, hanno sopito. La civiltà della sorveglianza, propiziata da una tecnologia sviluppatasi per opprimere e non per migliorare le condizioni di vita, rende semplice il compito della polizia nel censurare ogni espressione difforme e reprimere ferocemente ogni sacca di resistenza al diktat governativo. Scatta qui, a mio avviso, l’intuizione felice e geniale degli autori: elevare la maschera di Pulcinella ad archetipo universale di ribellione e a simbolo stesso dell’insopprimibile desiderio di libertà che sempre alberga, per quanto calpestato e soffocato, nell’animo di ognuno. Viene così data cittadinanza mondiale alla maschera partenopea, conferito nuovo vigore alla sua immagine oleogrefica, consunta, sbiadita, territorialmente limitata. In tal modo le caratteristiche di ostinata opposizione al potere tetragono, connaturate con la maschera acerrana, divengono l’incarnazione stessa del concetto di rivolta, di rifiuto del sopruso e dell’imposizione. Grazie ad Arabiano e Capasso, Pulcinella smette di essere Napoli e diventa l’Umanità. Ripeto, geniale. Il testo è un esercizio mirabilmente riuscito di meta teatro, genere ostico tanto nella stesura quanto nella rendizione attoriale, con l’azione che deborda ed evade spesso e volentieri dalle tavole del palcoscenico. L’assenza di un sipario rende il pubblico maggiormente complice e partecipe delle azioni della compagine anche nella pausa tra un atto e l’altro e prima ancora dell’inizio dello spettacolo. Gli attori de La Fenice sono stati interpreti superbi della finzione nella finzione, merito anche, a mio parere, dell’ottima regia dello stesso Roberto Arabiano. Una regia che si esprime mirabilmente anche nelle dinamiche del palco, nei movimenti ariosi e freschi dei personaggi all’interno dello spazio scenico. Vi è un grande senso di leggerezza, a dispetto della gravità del tema, una visione di geometrica modernità, soprattutto nella prima parte dello spettacolo. Personalmente avrei preferito vedere, in questo contesto, scenografie meno classicheggianti, più minimaliste ma è un dettaglio, peraltro ripeto frutto del gusto personale, che non riduce minimamente il giudizio generale sullo spettacolo che posiziono in piena coscienza sull’ottimo. Non ci resta che sperare che quanto prima La Fenice abbia l’opportunità di presentare ancora al pubblico questo lavoro che merita sicuramente ben più delle due serate di esordio. Non mancherò di segnalarvi ogni novità in questo senso. E per questa prima puntata è tutto. Un caro saluto e a presto.
Antonio d’Avino