C’è un silenzio carico di dolore e speranza nelle parole di Antonio Maimone, papà di Francesco Pio, il giovane innocente ucciso a Mergellina nella primavera del 2024. Un silenzio rotto soltanto dalla sua voce ferma, quando rivolge ai giovani un accorato appello: “Ragazzi, deponete le armi”.
In un’aula di tribunale gremita di emozione, è stata emessa la sentenza di ergastolo per Francesco Pio Valda, riconosciuto colpevole di aver esploso il colpo fatale che spezzò la vita del giovane pizzaiolo, colpendolo in mezzo alla folla degli chalet sul lungomare. Ma nonostante la giustizia abbia fatto il suo corso, la ferita resta aperta: “Nessuno ce lo ridarà indietro”, dice il padre con una voce spezzata ma lucida. Quel giorno, Francesco Pio non era solo un’altra vittima della violenza che da troppo tempo insanguina le notti della città. Era un simbolo di speranza, un ragazzo con sogni semplici, un lavoro onesto, e un futuro ancora tutto da scrivere. Per il padre, oggi come allora, la sua presenza si avverte forte: “Io sentivo che oggi mio figlio era lì, in aula con me” – ha detto.
Parole di un padre che ha trovato la forza di trasformare il suo dolore in un messaggio universale, sperando che questa tragedia possa scuotere le coscienze e mostrare ai giovani l’abisso verso cui conduce la violenza. “Spero che questa sentenza sia come uno specchio per i ragazzi. Che faccia loro capire che scegliere quella strada porta o al carcere o al cimitero” – ha concluso Antonio Maimone, lanciando un monito che suona come un ultimo appello al cuore di Napoli.
Mentre la città si stringe intorno alla famiglia Maimone, ci si interroga ancora sulle cause profonde di questa violenza diffusa. Una società che spesso dimentica i suoi figli più fragili e che, tra degrado e assenza di prospettive, rischia di abbandonarli nelle mani di un destino segnato. Ma proprio da questa tragedia può nascere una nuova consapevolezza: la necessità di educare, ascoltare e offrire alternative.