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Gomorra: i due fronti sbagliati che dividono l’opinione pubblica

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Rubrica LIBERA l’Indipendentista a cura di Stefano Bouché
La serie Gomorra continua a dividere l’opinione pubblica, a distanza di anni. Da un lato, c’è chi la difende come prodotto artistico di successo, occasione di lavoro e racconto crudo ma necessario di una realtà. Dall’altro, chi la accusa di alimentare stereotipi, di glorificare la criminalità e di colonizzare l’immaginario collettivo, oscurando le mille luci di Napoli. Ma è davvero così semplice? È davvero Gomorra il problema, o è il nostro modo di raccontare — e vivere — la città?

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La criminalità è più forte quando non se ne parla. Fingere che non esista, o censurare la sua rappresentazione, non la elimina. Anzi, la rende invisibile, più subdola. Una serie come Gomorra, con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni, ha avuto il merito di aprire un dibattito nazionale e internazionale su Napoli e le sue complessità. Ha fatto riflettere, discutere, spesso anche arrabbiare. Ma quando un’opera d’arte divide, è perché tocca nervi scoperti. E poi c’è un dato oggettivo: Gomorra ha portato un pò di lavoro, come tutte le aziende cinematografiche che hanno deciso di investire in città. Tanti giovani tecnici, attori, comparse, professionisti del cinema hanno trovato in quella produzione un’occasione, una porta d’accesso a un mondo che spesso resta chiuso. Napoli, sempre più set cinematografico d’Italia, ha bisogno di infrastrutture, visioni e politiche che valorizzino questa vocazione: perché non immaginare una vera Città del Cinema nell’ex area NATO o dell’Italsider? Perché non affiancare a essa una Città della Musica che dia spazio al talento napoletano?

Ci chiediamo: davvero non far girare Gomorra a Napoli significa combattere la colonizzazione? Non è forse più coloniale impedire a una città di raccontarsi, nel bene e nel male, con le sue voci, i suoi attori, i suoi registi? Sicuramente si racconta troppo male e poco bene, e bisogna come minimo eguagliare questo trend. I veri figli della colonizzazione non sono forse quei primedonnismi e quelle divisioni intestine che ci impediscono di fare fronte comune per migliorare Napoli, anziché difendere la propria visibilità? La vita narrata in Gomorra è aberrante, brutale, spesso disperata a volte anche lontana dalla realtà, perchè il bene non viene quasi proprio mostrato. Ma è proprio questa realtà, e non la sua rappresentazione, che dovrebbe indignarci. E che dovrebbe spingerci a unirci, a creare alternative, a costruire bellezza.

Forse il problema non è il racconto della ferocia. Il problema è quando smettiamo di raccontare, di riflettere, di confrontarci. E lasciamo che le immagini, da sole, decidano chi siamo.

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