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Carlo di Borbone e la Fiera di San Leonardo

Una disamina storica dell’antica tradizione che ogni anno si svolge nel comune della valle

BCC

di Alfredo Incollingo (Rilanciato da Rete due Sicilie)

Le fiere erano eventi vitali della società europea medievale, poiché rappresentavano momenti cruciali per la crescita delle economie locali e nazionali. Si svolgevano solitamente in città poste su importanti snodi stradali o nei centri artigianali più ricchi durante le ricorrenze religiose (feste patronali…). Pensiamo, per esempio, alle fiere nella regione francese dello Champagne, che si allestivano nei centri urbani di Troyes, Provins, Lagny e Bar-sur-Aube. Per l’occasione i governanti locali o i sovrani concedevano alle località fieristiche l’esenzione dalle tasse e dalle gabelle per rendere i prezzi delle mercanzie più convenienti. Tutti avrebbero goduto dei benefici riconosciuti durante le fiere: i mercanti per i maggiori introiti, gli avventori per i costi bassi della merce e le autorità cittadine e reali per un più alto gettito fiscale. Il privilegio di organizzare una fiera, così come l’esenzione dalle tasse e dalle gabelle, era accordato dai sovrani o dai feudatari con un apposito decreto, nel quale si descrivevano solitamente la motivazione della concessione, il luogo e la data di svolgimento della fiera,
la durata e le tipologie di esenzione.

Un esempio di quanto scritto è un decreto risalente al XVIII secolo di Carlo III di Borbone, re di Napoli. Il sovrano aveva riconosciuto all’Università di Colli, oggi Colli a Volturno, in provincia di Isernia, il privilegio di organizzare una fiera in occasione delle celebrazioni religiose in onore del santo patrono, san Leonardo di Noblac (6 novembre), e i mercati domenicali con un decreto del 10 gennaio 1757. Ancora oggi la manifestazione fieristica si svolge in paese in forme molto ridotte.

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Era stata l’Università di Colli ad avanzare la richiesta di concessione del privilegio di allestire fiere e mercati: «Essendo state a noi rivolte umili suppliche […] affinché prestassimo il nostro regale assenso alla concessione per lo svolgimento di un mercato nella sopradetta terra la domenica di ogni settimana e per lo svolgimento di una fiera ogni anno in sei giorni consecutivi nella festività di san Leonardo, la quale si celebra il 6 del mese di novembre di ogni anno» (1). Carlo di Borbone, per mano del segretario Francesco Rapolla, il quale aveva redatto il decreto, acconsentì alle richieste dei collesi: «Noi dunque, che da quando abbiamo ottenuto il possesso di questo regno niente abbiamo ritenuto più importante del fatto di provvedere alla felicità così come al profitto dei nostri fedeli sudditi e che dovunque in questo regno crescesse l’abbondanza di tutti i beni e il commercio, a tali suppliche acconsentendo, a tenore della presente deliberatamente e intenzionalmente e per speciale grazia a detta Università della Terra comunemente nominata delli Colli concediamo l’autorità e accordiamo la facoltà nella domenica di ogni settimana di tenere un mercato e nei detti sei giorni di ogni anno di aprire, tenere e promuovere la fiera predetta nella terra predetta» (2).

Si affermava, inoltre, che la fiera si dovesse svolgere «senza l’esazione di alcuna tassa, l’esercizio di alcuna giurisdizione, tranne quella ordinaria del luogo, e senza immunità, esenzione o ius prohibendi e fatti salvi i diritti del fisco regio e del fisco dei luoghi convicini e dietro permesso dell’ordinario per i giorni festivi» (3). Dal punto di vista fiscale, nessuno poteva rivendicare alcun diritto, ad eccezione delle
amministrazioni reali e locali. Si specificava in aggiunta che fosse necessario il consenso dell’autorità ecclesiastica del luogo, l’abate di Montecassino, per poter allestire una fiera durante le festività religiose.

L’Università di Colli, quindi, inviò una missiva al prelato il 27 marzo 1757 per ottenere l’autorizzazione, ma, pur non possedendo una lettera di risposta, si può supporre che avesse acconsentito alla richiesta dei collesi (4). Nella parte finale del decreto borbonico, infine, si comandava «all’illustre gran camerario di questo regno e al suo luogotenente, ai presidenti e ai razionali della nostra Regia Camera della Sommaria, ed anche agli illustri, spettabili, magnifici e nobili signori, a tutti i baroni, titolati e non titolati, capitani, assessori, mastri portolani, tesorieri, percettori o commissari, università, uomini e persone della provincia di Terra di Lavoro e dei luoghi convicini che senza restrizioni lascino e consentano che il predetto mercato e la fiera predetta si montino, si aprano e si svolgano nella detta terra nei giorni anzidetti nel modo premesso e che essi, se sarà necessario, prestino e facciano prestare ogni aiuto, consiglio e appoggio necessario e opportuno» (5).

1 – ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI COLLI A VOLTURNO (da ora in avanti ASCCV), b. 20, f. 387, Decreto di
Carlo di Borbone sulla fiera di san Leonardo, f. 1r. Il decreto originale del sovrano napoletano risulta smarrito
nell’archivio storico del comune collese. Sono state trovate delle riproduzioni fotografiche del documento presso
l’archivio personale di un privato cittadino di Colli a Volturno.
2 – IBID.
3 – IVI, f. 1v.
4 – INCOLLINGO A., Le origini della fiera di san Leonardo a Colli a Volturno, in «Studi Cassinati», anno XXII (2022),
n° 4, pp. 289-290.
5 – ASCCV, b. 20, f. 387, Decreto di Carlo di Borbone sulla fiera di san Leonardo, ff. 1

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