Rubrica: L’Indignato di Giuseppe Giunto
Con la fine della seconda guerra d’indipendenza, scoppiata il 26 aprile 1859 e terminata con l’armistizio di Villafranca il 12 luglio 1859, il regno sardo-piemontese subì un allargamento dei suoi confini. Con il Trattato di Zurigo del 11 novembre 1859 l’Austria cede la Lombardia (con esclusione di parte della provincia di Mantova) al Regno di Sardegna tramite la Francia. La Romagna Pontificia è invasa da due battaglioni di bersaglieri, Il 12 giugno 1859 il cardinale di Bologna Michele Viale Prelà lascia la città, abbandonandola per sempre, il giorno seguente anche i funzionari faranno la stessa cosa, segnando definitivamente la fine del potere pontificio. Una commissione provvisoria guidata da Massimo D’Azeglio resse l’amministrazione fino all’insediamento del nuovo consiglio comunale. A fine ottobre è eletto il nuovo consiglio comunale, il 3 novembre il marchese Luigi Pizzardi assume la carica di senatore della città (sindaco).
La fuga fu causata da rivoltosi, eccitati da fantomatiche idee, il governo sardo si attribuì questa rivolta affinche si potesse arrivare ad una fantomatica nazionalità, e allo spodestamento del potere papale. Papa Pio IX, con due lettere apostoliche, due allocuzioni concistoriali e una enciclica, “rimprovera e condanna” i fatti. Le proteste caddero nel vuoto, non ebbero l’effetto voluto, il Regno di Sardegna si amplio a scapito dello Stato Pontificio, l’11 e 12 marzo 1860 nei territori delle ex Legazioni pontificie (Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì) si tennero i referendum di annessione al Regno di Sardegna. Il Regio Decreto numero 4004 sentenziava: «Le province dell’Emilia fanno parte del Regno d’Italia». L’atto di annessione del territorio del papato fu giudicato da Pio IX alla stregua di un abuso e di una spoliazione, il 26 marzo 1860, a distanza di pochi giorni dalle votazioni, con una lettera apostolica Cum Catholica Ecclesia si comunicò la «Scomunica maggiore sopra gli usurpatori» e a quanti «avevano direttamente partecipato all’impresa, ai loro mandanti, ai fautori, a chi vi aveva prestato aiuto, consiglio o adesione, stimolo, da sé o tramite altri» I primi nodi vengono al pettine negli ex territori papalini con la festa dello statuto. Si chiede alle comunità religiose nell’ambito delle cerimonie che venisse cantato l’inno del Te Deum laudamus. Impossibile…. il Regno di Sardegna aveva adottato una politica di laicizzazione, con l’adozione della Legge Siccardi del 1850; inoltre i territori pontifici annessi rappresentavano, agli occhi del mondo cattolico, dei territori sottratti al papa, «usurpati con l’inganno e colla forza».
Il rifiuto portò sotto processo, e all’arresto di cardinali, vescovi e sacerdoti. L’invasione delle Marche e dell’Umbria da parte delle truppe piemontesi, dopo aver sconfitto l’esercito papalino il 18 settembre a Castelfidardo, portò all’arresto degli alti prelati come il vescovo di Fermo, il card. Filippo De Angelis. Anche nelle due Sicilie nell’ambito ecclesiastico su 89 vescovi, solo una decina risultavano non essere contrari al nuovo regime. A Napoli il card. Sisto Riario Sforza sarà espulso due volte; il 22 Settembre con l’occupazione Garibaldina, e il 31 Luglio 1861 con altri 20 vescovi meridionali…resterà esiliato 5 anni. All’inizio del 1861, la chiesa italiana è sconvolta: più di 100 le diocesi senza vescovo, 57 quelle dell’Italia meridionale.
Fu imprigionato anche il vescovo di Foggia, mons. FRASCOLLA dal governatore della provincia di Capitanata G. Del Giudice. Ripararono nelle proprie città di origine i vescovi di Chieti, Ascoli e di Cerignola. Trovarono nuova sede i vescovi di Molfetta, fra’ Lorenzo Moffa, Termoli, Muro, Taranto, Andria, San Severo, Bitonto e Ruvo, Castellaneta, Tricarico, Acerenza e Matera. Le autorità della Chiesa diramarono delle circolari con le quali si proibiva al clero «d’intromettere la religione in feste puramente politiche, pena la sospensione a divinis». A Napoli si rifiuto la maggior parte del clero locale ad eccezione di «pochissimi» fu celebrato il canto del Te Deumsolo in tre chiese. Il card. Sforza sospese «a divinis 25 sacerdoti che avevano preso parte alla celebrazione della festa dello Statuto senza la sua autorizzazione» Si rifiutarono di partecipare, le autorità ecclesiastiche de l’Aquila, Campobasso, Reggio, Amalfie Avellino.
Pio IX non volle mai riconoscere la nascita del nuovo Regno Sabaudo, riaffermandolo con l’allocuzione Iamdudum cernimus. Il pontefice non poteva consentire alla “vandalica spogliazione” del suo Stato. Il 13 maggio 1871 fu promulgata la legge delle guarentigie. Il 21 agosto 1871 Pio IX comunica a Vittorio Emanuele II che non accetterà questa legge, fino alla sua morte si defìnirà «prigioniero dello Stato italiano».
Fonte: «La Civiltà Cattolica», a. XI, vol. VIII, Roma 1860, p. 503) Ivi, p. 751.
L. Barletta, La vita religiosa, in Storia del Mezzogiorno, vol. XII, Il Mezzogiorno nell’Italia unita, Editalia, Roma 1994, pp. 389-390.
F. Riccardi, Piemontesi a caccia di … tonache, in «Studi Cassinati», a. X, n. 2, aprile-giugno 2010, pp. 84-87.
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