In un’epoca in cui i diritti umani e la giustizia sociale sono diventati temi centrali del dibattito pubblico, assistiamo a una preoccupante contraddizione tra le parole e i fatti di chi sostiene di battersi per un mondo più giusto. È difficile non provare un senso di smarrimento di fronte al discorso tenuto recentemente da Kamala Harris alla convention dei Democratici, dove ha delineato una visione per l’America che lascia molti interrogativi sul reale significato di “diritti” e “giustizia“.
Harris ha affermato con enfasi che, come comandante in capo, garantirà che l’America possieda “la forza combattente più forte e letale al mondo“, una dichiarazione che appare in netto contrasto con l’immagine di paladina dei diritti umani che spesso viene promossa dal partito. Se da un lato si parla di uguaglianza, inclusione e giustizia, dall’altro si annuncia con orgoglio la volontà di mantenere il dominio globale attraverso la potenza militare e la supremazia tecnologica, in particolare nello spazio e nell’intelligenza artificiale.
Il discorso della Harris fa emergere una contraddizione fondamentale: quale tipo di diritti vengono realmente difesi? È il diritto di dominare, di esercitare un potere incontrastato sul resto del mondo, di mettere sotto i piedi intere nazioni in nome di una leadership globale che non lascia spazio ad alternative? Il riferimento esplicito alla competizione con la Cina, vista come una minaccia da sconfiggere piuttosto che come un interlocutore con cui collaborare, rafforza l’immagine di un mondo diviso in blocchi, dove il più forte detiene il diritto di imporre le proprie regole.
In questo contesto, diventa sempre più difficile non vedere l’ipocrisia che si cela dietro certi discorsi. Da un lato si promuovono valori come la democrazia, la pace e la cooperazione internazionale, dall’altro si persegue una politica di potere che non esita a ricorrere alla forza per mantenere lo status quo. Il messaggio è chiaro: l’America deve rimanere al comando, costi quel che costi, e la sua leadership deve essere rafforzata, non abbandonata.
Ma a che prezzo? La corsa alla supremazia nello spazio e nell’intelligenza artificiale, insieme alla determinazione a mantenere la forza militare più letale al mondo, solleva inquietanti domande sul futuro delle relazioni internazionali e sulla possibilità di costruire un mondo realmente equo e giusto. Invece di promuovere una collaborazione globale basata sul rispetto reciproco e sulla ricerca di soluzioni comuni, sembra che si stia optando per una strategia di competizione e confronto che rischia di esacerbare le tensioni e aumentare l’instabilità globale.
In conclusione, è fondamentale interrogarsi sul vero significato di “diritti” quando vengono utilizzati come giustificazione per mantenere un dominio globale. Se il diritto di una nazione consiste nel tenere il mondo sotto i piedi, allora è il momento di ripensare seriamente quale tipo di mondo stiamo costruendo e a chi veramente giova questa concezione del potere. I diritti, per essere tali, devono essere universali e inclusivi, non uno strumento di controllo e sottomissione.
CLICCA QUI PER SOSTENERE IL QUOTIDIANO L’IDENTITARIO
L’Ipocrisia dei Diritti: Il mondo sotto i piedi nel discordo di Kamala Harris