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Il ritorno delle dimissioni in bianco: così il governo colpisce i lavoratori più deboli

BCC

Il governo ha rispolverato una delle pratiche più temute dai lavoratori: le famigerate “dimissioni in bianco”. Il nuovo ddl lavoro approvato dalla maggioranza rimette in discussione i diritti conquistati. Ora, un’assenza ingiustificata di oltre 15 giorni può essere interpretata come una volontà implicita di dimettersi, senza che vi sia una verifica obbligatoria da parte dell’Ispettorato del Lavoro.

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Ma cosa significa davvero tutto questo per i lavoratori? “Un vero e proprio attacco a chi è già più vulnerabile,” commenta l’avvocato giuslavorista Bartolo Mancuso. Con questa norma, infatti, chiunque venga cacciato oralmente dal proprio datore di lavoro potrebbe ritrovarsi dimissionato senza averlo mai richiesto, perdendo così tutte le garanzie di un regolare licenziamento, come la comunicazione scritta e la possibilità di difendersi.

Si apprende dal Fatto Quotidiano che il cambiamento introdotto dal governo appare come una mossa che favorisce le imprese a scapito dei lavoratori. Secondo Mancuso, “invece di tutelare i dipendenti, si parte dal presupposto che siano i lavoratori a voler aggirare le regole, dando per scontato che la loro assenza sia una decisione volontaria”. Così, mentre i datori di lavoro vengono alleggeriti dai doveri formali, i dipendenti rischiano di trovarsi senza protezioni e con l’onere di dover dimostrare di non essersi dimessi volontariamente.

La questione, però, è ben più profonda. Come evidenziato dalle opposizioni, questa riforma rappresenta un attacco frontale alla Costituzione italiana, che cita il termine “lavoratori” ben 28 volte, di cui tre nei principi fondamentali. “La Costituzione – continua Mancuso – è nata per proteggere la parte debole del rapporto lavorativo, eppure, oggi, sembra si voglia ribaltare questo principio fondamentale.”

Il ddl lavoro non fa che aggravare la disparità tra datori e dipendenti, introducendo una cultura del sospetto verso il lavoratore, che viene trasformato da vittima in colpevole. “Non si tratta di impedire il licenziamento di chi è assente ingiustificato – conclude Mancuso – ma di assicurare che chi viene mandato via sia trattato con il rispetto e le garanzie previste dalla legge.” Questa riforma rischia di riportare indietro l’orologio delle tutele del lavoro, lasciando spazio a un pericoloso ritorno del passato, in cui il lavoratore debole era sempre in balia dei voleri del datore di lavoro.

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