Home Politica Autonomie La Corte Costituzionale boccia l’autonomia differenziata: sette profili di incostituzionalità

La Corte Costituzionale boccia l’autonomia differenziata: sette profili di incostituzionalità

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Rubrica libera e indipendente “L’Indipendentista” a cura di Stefano Bouché
Esultano i sostenitori della legge Calderoli, soprattutto la Lega, ma la decisione della Corte Costituzionale ha ribaltato parzialmente le aspettative. Al termine di due giorni di Camera di consiglio, i giudici hanno dichiarato incostituzionali ben sette punti chiave della normativa sull’autonomia differenziata, in particolare sui Livelli essenziali di prestazione (Lep) e sulla gestione delle aliquote tributarie. La decisione è arrivata dopo i ricorsi presentati da quattro Regioni a guida progressista – Campania, Puglia, Sardegna e Toscana – che hanno impugnato la legge. Sebbene la Corte abbia dichiarato “non fondata” la questione di costituzionalità dell’intera legge, ha invece riconosciuto l’illegittimità costituzionale di diverse disposizioni fondamentali.

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Tra queste spicca la previsione che sia un decreto del presidente del Consiglio dei ministri a determinare l’aggiornamento dei Lep. Questo meccanismo, secondo la Corte, sottrae competenze cruciali al Parlamento, che deve mantenere un ruolo centrale.

La Corte ha inoltre bocciato:

  1. La delega legislativa sui Lep senza criteri direttivi adeguati, che, trasferendo decisioni cruciali al Governo, marginalizza il Parlamento e rischia di minare i diritti civili e sociali.
  2. La modifica delle aliquote tributarie tramite decreto interministeriale, in quanto potrebbe premiare regioni inefficaci nella gestione delle risorse trasferite, violando i principi di equità e solidarietà.

Inoltre, la Consulta ha sottolineato che l’attribuzione di autonomia non può essere subordinata alla determinazione dei Lep, poiché ciò minerebbe il principio di uguaglianza e accentuerebbe le disparità territoriali. La Corte Costituzionale ha riaffermato i principi di solidarietà e sussidiarietà come pilastri della nostra Costituzione. L’autonomia differenziata, ha stabilito, può essere accettata solo se non aumenta le disuguaglianze tra le Regioni, garantendo invece uno sviluppo armonico e parità di diritti a tutti i cittadini, indipendentemente dalla residenza.

Secondo i giudici, il principio di invarianza finanziaria introdotto nella legge Calderoli è problematico: non si può immaginare il trasferimento di nuove competenze senza un’adeguata copertura economica. Questo criterio penalizza le Regioni con minore capacità fiscale, violando l’equilibrio richiesto dalla Costituzione. La Corte ha infine respinto il tentativo di cristallizzare il principio della spesa storica come fondamento della legge, giudicandolo superato e ingiusto. Al contrario, ha ribadito che i principi costituzionali di solidarietà e sussidiarietà devono guidare la distribuzione delle funzioni tra Stato e Regioni. La sentenza della Consulta segna un passo decisivo nella battaglia sull’autonomia differenziata. Riconoscendo la necessità di salvaguardare l’uguaglianza tra i cittadini e il ruolo centrale del Parlamento, la Corte ha imposto uno stop ai tentativi di trasformare l’autonomia in uno strumento per consolidare disparità territoriali. Un chiaro monito per un legislatore che ora dovrà ripensare radicalmente l’intero impianto normativo.

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