Home Controcorrente La penicillina è napoletana, altro orgoglio per il Sud

La penicillina è napoletana, altro orgoglio per il Sud

35 anni prima di Fleming, un certo Vincenzo Tiberio molisano, scoprì il potere delle sostanze Batteriostatiche e Battericide della Penicillina a Napoli

BCC

di GIUSEPPE GIUNTO

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Ricordiamo tutti Alexander Fleming il premio Nobel per la medicina con Ernest B. Chain e Howard W. Florey che per primo scoprì l’antibiotico nel 1928 della Penicillina. Ma non tutti sanno che 35 anni prima di Fleming, un certo Vincenzo Tiberio molisano, figlio di un importante notaio, nato a Sepino vicino Campobasso, scoprì il potere delle sostanze Batteriostatiche e Battericide della Penicillina nella muffa in un pozzo, questo signore si chiamava Vincenzo Tiberio. Fleming pubblicò le sue osservazioni nel 1929, Tiberio quasi 35 anni prima nel 1895. La storia delle scoperte scientifiche è costellata di casualità, di diatribe, su chi è arrivato prima e chi no. Vincenzo Tiberio è un medico molisano, con la passione della ricerca, della catalogazione, un uomo curioso, questo dimostra che non basta solo essere bravi scienziati, se non hai a disposizione strutture e soldi dove veicolare i propri studi, si rischia l’anonimato.

Tiberio non aveva alle spalle le grandi istituzioni dell’impero britannico, su qui poteva fare affidamento lo scozzese Fleming. Il molisano faceva affidamento su risorse personali, si anche perché solo il figlio di un importante notaio poteva permettersi studi liceali e un’università prestigiosa come la Federico II di Napoli. Portato all’osservazione dei fenomeni, catalogava i sassi che raccoglieva durante i suoi soggiorni in campagna dagli zii Graniero ad Arzano. A scoprire il grandioso potere delle muffe fu proprio Vincenzo Tiberio che notò come tutte le volte che si ripuliva il pozzo dell’abitazione, da qui si estraeva l’acqua per tutti gli usi di casa, la piccola comunità che gravita intorno allo stesso pozzo, e tutta la sua famiglia veniva colpita da infezioni intestinali. Notò che le malattie scompaiono quando il pozzo si riempie di nuovo di muffa. Tiberio aveva scelto come studio questo nuovo filone, molto in voga in quel periodo; sull’igiene, sulla ricerca dei virus, batteri e malattie varie.

Tiberio preleva le muffe, le osserva, e dopo aver trovato un buon terreno di coltura adatto le coltiva, riesce ad estrarre un siero da queste muffe che potrebbe definirsi l’antesignano del futuro antibiotico. Lo stesso anno lo scienziato su “Annali d’igiene sperimentale“, prestigiosa rivista scientifica italiana, pubblica con la supervisione dell’Istituto d’Igiene della Regia Università di Napoli gli esiti dei suoi studi. Tiberio porta avanti i suoi studi su cavie, ma non ha i mezzi sufficienti e l’organizzazione per fare esperimenti su esseri umani, è troppo presto, troppo in provincia. Facendo un paragone con quello che è riuscito a fare Fleming con gli stessi studi che gli valsero il Nobel nel 1945 sembra assurdo che la pubblicazione scientifica in cui li descrisse venisse pressochè ignorata in Facoltà. Facendo una considerazione molto semplice, gli studi di Fleming ebbero una diffusione editoriale ed accademica maggiore di quella di Tiberio. Fleming anni dopo dimostrava i risultati al Medical Research Club di Londra e le sue prime sperimentazioni sulla Penicillina vennero riprese da due scienziati di oxford, che pubblicarono su THE LANCET.  Il mondo accademico italiano non era pronto a recepire questa innovazione. Nel 1912 al medico venne poi affidato il laboratorio biochimico dell’ospedale militare alla Maddalena per poi rientrare a Napoli per dirigere il Gabinetto di Igiene e Batteriologia dell’ospedale della Marina. In questi anni il medico decise di riprendere i suoi studi sugli antibiotici ma purtroppo il 7 gennaio del 1915 venne stroncato da un infarto. Oggi Alexander Fleming ha un Nobel, Vincenzo Tiberio una lapide nascosta in un palazzo di Sepino.




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